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L’impianto Cocleare

Quando l’ipoacusia neurosensoriale è molto grave o esiste una compromissione di gran parte delle cellule nervose della coclea, la protesi acustica tradizionale non è più in grado di garantire al paziente un udito socialmente utile. In questi casi, quindi, l’unico dispositivo in grado di aiutare il paziente è l’impianto cocleare. Tale sistema elettronico supplisce alla mancanza delle cellule uditive funzionanti mediante una serie di elettrodi collocati all’interno della coclea che vanno direttamente a stimolare elettricamente le poche cellule residue. Questa cosiddetta protesi cocleare è costituita di due parti: una parte esterna (extracorporea): il processore del segnale vocale; una parte interna (intracorporea) : il ricevitore-stimolatore con gli elettrodi. Esse sono tra loro collegate per attrazione magnetica transcutanea con un sistema ad onde radio. La parte esterna è costituita da tre elementi: il microfono che traduce le onde di pressione sonora in energia elettrica da inviare al processore; il processore vocale che elabora il segnale elettrico proveniente dal microfono, filtrandolo e ricodificandolo per la stimolazione (una volta a scatola, da indossare sul corpo e collegati con un filo al microfono, ora sono di tipo retroauricolare, poco più grandi di una protesi tradizionale e con un corto filo di collegamento col magnete esterno; il sistema di collegamento con la parte interna. Una volta sospettata la sordità, i pazienti candidati all’impianto vengono prescelti in base ad un protocollo di selezione che comprende una valutazione audiologica tonale e vocale, lo studio dei potenziali evocati troncoencefalici (ABR), eventuale valutazione della labiolettura, prove protesiche ed indagini radiodiagnostiche (TAC e/o Risonanza Magnetica) per valutare la permeabilità della coclea. Per il paziente adulto si effettua inoltre una valutazione psicologica delle sue motivazioni ed aspettative. L’intervento chirurgico (effettuato, in Italia, in una quindicina di centri autorizzati tra cui anche l’Ospedale S. Bortolo di Vicenza) eseguito in anestesia generale, della durata di ca. due ore, è finalizzato quindi all’introduzione del filo-elettrodo nella coclea ed al posizionamento e fissaggio del ricevitore-stimolatore nello spessore della squama dell’osso temporale. L’attivazione dell’impianto viene effettuata dopo circa un mese dall’intervento; all’adulto con un breve periodo di sordità e quindi una lunga esperienza uditiva basta un breve periodo di utilizzo per arrivare alla comprensione di frasi, anche al telefono ed all’identificazione delle diverse voci e rumori ambientali; più lungo è stato il periodo di sordità, a parità di esperienza verbale, minori saranno le performance uditive. Per il bimbo con sordità congenita il problema è molto più complesso; l’impianto infatti, oltre a fargli udire e comprendere i vari suoni ed i rumori ambientali, lo aiuterà col tempo a migliorare l’emissione verbale. Non tutti gli utenti ottengono ovviamente lo stesso grado di beneficio; è ormai ben dimostrato che prima si interviene migliore sarà la performance finale: ovvero il bimbo impiantato intorno ai 12 – 24 mesi di vita con un’opportuna e continua riabilitazione avrà dopo 4-5 anni la stessa vita di relazione dei suoi coetanei, normoudenti alla nascita; il bimbo impiantato dopo i 5-6 anni, salvo rare eccezioni, non raggiungerà mai gli stessi traguardi (ad es. l’uso del telefono) e comunque avrà bisogno di un lunghissimo periodo di riabilitazione.

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