AmadoriMaurizio.it

Trattamento della sindrome di Ménière con vertigine invalidante

M. Amadori

Introduzione

La disfunzione labirintica periferica si contraddistingue per la comparsa di sintomi stereotipati, di entità correlata con l’acutezza della patologia; si verifica in genere un’alterazione della funzionalità vestibolare con comparsa di vertigine, nistagmo spontaneo, ipoacusia, acufeni, sensazione di fullness auricolare, alterazioni neurovegetative quali nausea e vomito, associati ad alterazioni posturali. Le cause più comuni di vertigine di origine periferica sono rappresentate da:

 

La sindrome di Ménière è una labirintopatia di origine periferica caratterizzata da un quadro sintomatologico e da una evoluzione distintivi. Nel caso della malattia di Ménière esiste anche una evoluzione temporale ben precisa della sintomatologia lamentata, che usualmente inizia con una sensazione di fullness ed acufene concomitante, ipoacusia, seguite da una vertigine importante che tende a diminuire di intensità con il ripetersi delle crisi (l’evolvere della patologia stessa). Caratteristico risulta inoltre il capriccioso alternarsi di episodi patologici a periodi di benessere in cui la funzione cocleo-vestibolare viene quasi a normalizzarsi. Con il ripetersi delle crisi tale recupero diventa sempre meno evidente residuando anche in periodo di benessere una ipoacusia neurosensoriale progressiva ed una ipo-areflessia vestibolare.

In alcuni casi la patologia può compromettere la vita sociale e personale dell’ammalato a tal punto da poter essere considerata una condizione invalidante. Il sintomo che angustia maggiormente il paziente è la crisi vertiginosa, che può insorgere improvvisamente e raggiungere livelli di estrema gravità. Questi casi necessitano ovviamente di un interesse medico e di un approccio terapeutico particolare.

Approccio terapeutico

La terapia dei disordini vestibolari periferici può essere causale e sintomatica, di tipo medico, fisico o chirurgico. Una terapia causale è possibile ovviamente solo quando il fattore eziologico è noto; purtroppo nella maggior parte dei casi l’eziologia è ignota e il medico può avvalersi solo di una terapia sintomatica e ragionata. I farmaci più utilizzati per dominare gli stati vertiginosi sono i sedativi del sistema vestibolare ad azione prevalentemente centrale, che agiscono sui sistemi dopa-, coli-, gaba- ed istamino-ergico; farmaci come la scopolamina sono utilizzati per l’effetto anticolinergico; le fenotiazine sono antistaminici con spiccata azione anticolinergica; le benzodiazepine presentano un effetto gaba-ergico. Un altro gruppo di farmaci utilizzabili sono i farmaci vasoattivi (miolitici, agenti sui recettori alfa), quali la diedroergotamina; altri come la betaistina o la cinnarizina vantano una azione istamino-simile; infine farmaci ad azione emoreologica come la pentossifillina. Nella sindrome di Ménière purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze sulla patogenesi dell’ipertensione endolinfatica, non disponiamo di un presidio farmacologico capace di prevenire e quindi di impedire la crisi. D’altra parte la tendenza della malattia alle remissioni spontanee ed il decorso imprevedibile rendono difficile una valutazione obiettiva delle diverse forme di trattamento.

Esistono comunque degli schemi terapeutici usualmente utilizzati:

durante la crisi vengono somministrati antivertiginosi ad azione centrale, diuretici (triamterene, idroclorotiazide, acetazolamide) e sostanze ad azione osmotica come il mannitolo, qualora non coesista una alterazione della funzionalità renale; ha un razionale anche l’utilizzo di vasodilatatori come i nitrati, niacina, papaverina, nylidrin, istamina, betaistina;

gli aminoglicosidi (streptomicina i.m. o per infusione selettiva, gentamicina transtimpanica), per la loro capacità ototossica.

Per favorire il compenso centrale si consiglia di eseguire una terapia fisica di riabilitazione, che con esercizi di controllo posturale consente una progressiva “abitudine” alle risposte patologiche e una adeguata interazione oculo-vestibolare. E’ sufficiente eseguire esercizi di rotazione alternata della testa in senso verticale ed in senso orizzontale fissando con gli occhi un punto, o camminare lungo uno stretto corridoio es. di un supermercato.

Quando una corretta igiene alimentare e/o il ricorso saltuario ai farmaci nei periodi più critici non consentono una qualità di vita accettabile dobbiamo ricorrere ad altre terapie, quali l’utilizzo degli aminoglicosidi intratimpanici o la terapia chirurgica.

Applicazione di gentamicina

Rappresenta un compromesso tra la terapia farmacologica e quella chirurgica; deve essere eseguita solo nei casi in cui la sindrome è monolaterale e al deficit vestibolare si associa un udito ormai socialmente inutilizzabile; si sfruttano le capacità ototossiche del farmaco che provoca una deafferentazione farmacologica dell’VIII n.c. affetto: dopo anestesia locale viene introdotta nell’orecchio medio per via transtimpanica una soluzione di gentamicina preparata secondo un protocollo codificato; il paziente viene posto supino con la testa leggermente rialzata e ruotata verso l’altro lato, in modo che il liquido introdotto nella cassa del timpano sia a contatto con la parete mediale e diffonda più facilmente attraverso la finestra rotonda. La posizione deve essere mantenuta per 40 minuti. L’azione del farmaco può scatenare una crisi di vertigine irritativa che può essere controllata con antivertiginosi.

Utilizzo del “Meniette”

Viene applicato un drenaggio transtimpanico a permanenza attraverso il quale possiamo agire dall’esterno per aumentare la pressione aerea a livello della cassa in modo da contrastare l’idrope endolinfatica dell’episodio acuto. A suo favore questo metodo ha una certa efficacia, è semi-invasivo, può essere utilizzato dallo stesso paziente e non ha effetti sistemici né controindicazioni. Il limite di questa metodica è il costo piuttosto elevato della macchina che ha impedito una reale diffusione.

Terapia chirurgica

Quando nessuno di questi rimedi riesce a migliorare la qualità di vita del paziente rimane l’alternativa della terapia chirurgica; i vari tipi di intervento via via proposti negli ultimi decenni sono i seguenti:

 

Chirurgia del sacco endolinfatico: shunt mastoideo

Si esegue una mastoidectomia classica; la scheletrizzazione della dura della fossa cranica posteriore tra canale semicircolare posteriore (CSP) e bulbo della giugulare permette una ampia esposizione e decompressione del sacco, che viene inciso in modo da inserire nel lume una piccola lamella di sylastic o altri dispositivi (es. tubicino di Austin) per consentire di ridurre la pressione endolinfatica (fig. 1).

fig. 1: drenaggio di Austin inserito nel sacco endolinfatico.

Labirintectomia transcanalare Si allestisce un lembo timpano-meatale; dopo aver asportato incudine e staffa viene effettuata la fresatura del promontorio fino all’unione delle due finestre in un’unica cavità; rimosso con un uncino angolato il neuroepitelio vestibolare, viene stipato all’interno del vestibolo del gelfoam o tessuto fibromuscolare imbevuto di gentamicina (fig. 2).

fig. 2: 2.1 fresatura del promontorio; 2.2 rimozione del neuroepitelio

( “Otologic Surgery”, Brackmann et Al., W.B. Saunders Company, Philadelphia, 1994).

Sezione del nervo vestibolare

Le neurotomia vestibolare viene effettuata con i seguenti approcci chirurgici:

Approccio sopralabirintico o della fossa cranica media

Si esegue una craniotomia temporale (sportello osseo di ca 2 x 3 cm) (fig. 3); tale approccio permette di esporre il condotto uditivo interno (CUI) dopo aver identificato la “blue line” del canale semicircolare superiore e il nervo grande petroso superficiale; fresando lungo la bisettrice (con un angolo di 60°) disegnata dalle due ultime strutture citate, si apre il CUI. Si evidenzia quindi il pacchetto statoacustico distinguendo il nervo facciale dal nervo vestibolare superiore; viene così sezionato il nervo vestibolare in toto fino al ganglio dello Scarpa.

Fig. 3: schema dell’approccio sopralabirintico

( da “Microsurgery of the Skull Base”, Fisch U. et Al., Thieme Medical Publishers, Inc., New York, 1988)

Approccio retrolabirintico

Si esegue una mastoidectomia completa con scheletrizzazione del seno sigmoide; questo permette di esporre la dura della fossa cranica posteriore per una estensione che va dalla fossa media al bulbo della giugulare e dal seno laterale al CSP. Si incide la dura e dopo aver identificato il nervo facciale si seziona il nervo vestibolare a livello dell’angolo ponto-cerebellare (fig. 4); la cavità mastoidea viene successivamente obliterata con grasso addominale

Fig. 4: sezione del nervo nell’angolo ponto-cerebellare

Approccio retrosigmoideo

Si allestisce uno sportello craniotomico circolare di ca 2 cm di diametro subito al di dietro del seno sigmoide usando come repere la vena emissaria mastoidea; la dura della fossa cranica posteriore viene aperta in regione retrosigmoidea (fig.5).

Fig.5 La retrazione cerebellare permette di identificare le strutture dell’angolo pontocerebellare e il porus (fig. 6); evidenziate le strutture nervose del pacchetto acustico facciale, si seziona il nervo vestibolare (fig.7) e si richiude il difetto durale; la fascia temporale con patè osseo viene apposta per sigillare l’apertura ossea.

Fig. 6

Fig.7 Figg. 6-7: Approccio retrosigmoideo. A nostro avviso l’approccio retrosigmoideo presenta alcuni vantaggi tecnici, quali la velocità d’esecuzione, la possibilità di avere un campo chirurgico più ampio, un clivaggio più facile del nervo vestibolare ( perché vicino al porus), una retrazione cerebellare minima e il fatto di non dover usare grasso addominale. Tale approccio all’angolo ponto-cerebellare può anche essere utilizzato per la terapia chirurgica di alcuni casi di neurinoma dell’acustico (< 2 cm con udito socialmente utile), spasmo emifacciale e nevralgia trigeminale.

Nostra esperienza

Alcuni studi clinici che hanno cercato di valutare la reale efficacia dei vari trattamenti della malattia di Ménière spesso avevano un follow-up troppo breve e si approcciavano alla valutazione con una spiccata attitudine medica, tenendo in conto solo il rischio chirurgico come un prezzo troppo alto per effettuare tale scelta terapeutica.

Scopo del lavoro

Il nostro studio ha lo scopo di valutare i pro e i contro dei vari approcci, fissando l’attenzione su quello che è il grado di invalidità della vertigine.

La AAO nel 1995 ha indicato una scala di “disabilità” allo scopo di ottenere una valutazione più completa ed esauriente della condizione clinica del soggetto stesso:

Scala del livello di funzionalità

1.la vertigine non ha influenze sulle mie attività;

2.quando ho la vertigine devo interrompere la mia attività per poco tempo. Continuo a lavorare, non ho cambiato i miei piani o attività;

3.quando ho la vertigine devo interrompere la mia attività per poco tempo. Contino a lavorare, ma ho dovuto cambiare alcuni piani (progetti);

4.Sono in grado di lavorare, ma devo sforzarmi molto per continuare a farlo; devo continuamente aggiustare le mie attività e misurare le mie energie;

5.Non sono in grado di lavorare e di eseguire gran parte delle attività che ero solito fare; mi sento invalido;

6.Mi sento invalido da almeno 1 anno (AAO-HNS, 1995).

La AAO-HNS nel 1995 ha poi codificato un calcolo matematico, che noi riportiamo sotto per quantificare il risultato terapeutico: si determinano quindi 6 livelli di malattia in base al numero di crisi per mese.

La formula è la seguente:

 

[Media crisi/mese

18 - 24 mesi dopo terapia

___________________________ x 100

[Media crisi/mese

6 mesi prima della terapia

 

Se il valore numerico ottenuto è 0 il paziente appartiene alla classe A (controllo completo degli episodi); da 1 a 40-classe B, da 41 a 80-classe C, da 81 a 120-classe D, > 120 classe E; infine classe F in cui l’invalidità per la vertigine ha reso necessario intraprendere trattamenti secondari. Ovviamente il controllo degli episodi diventa sempre più scarso con l’avanzare della classe.

Casistica personale

Nel decennio 1988-1998 sono giunti alla nostra osservazione 370 casi di malattia di Ménière (178 M, 192 F): in 178 pazienti (48%) si è ottenuto un controllo farmacologico della patologia. Per gli altri 192 pazienti si è reso necessario ricorrere alla terapia chirurgica ( 39 di questi sono stati sottoposti a due interventi). In questo lavoro sono stati riportati solo i casi che rispondevano ad una serie ben precisa di criteri, ovvero 169 soggetti, 36 dei quali erano stati sottoposti ad un primo intervento. I criteri di inclusione prevedevano una malattia di Ménière “certa” monolaterale, un udito controlaterale utile, un livello di invalidità di grado 4 al “Functional Level Scale”, ed un follow-up di almeno 2 anni. La soglia uditiva pre-trattamento è riportata nella tabella seguente (tab. 1):

Tab. 1:

Modalità di trattamento

29 dei 169 pazienti sono stati sottoposti al trattamento con gentamicina intra-timpanica;

 20 pazienti alla chirurgia del sacco endolinfatico,

8 pazienti sottoposti a labirintectomia ( 4 come 2° intervento);

112 pazienti alla neurotomia vestibolare selettiva ( 32 come 2° intervento).

Risultati

Nei 4 gruppi di trattamento (gentamicina intratimpanica, chirurgia del sacco endolinfatico, labirintectomia e sezione selettiva del n. vestibolare) sono stati valutati la perdita uditiva post-trattamento ed il livello di controllo della sintomatologia vertiginosa secondo le classi di malattia sopraccitate (AAO-HNS, 1995) La Tab. 2 riassume i risultati ottenuti sulla conservazione uditiva (tab. 2):

Tab.2: (perdita uditiva post-terapia)

Come evidenzia la tabella esiste una perdita uditiva post-trattamento con gentamicina statisticamente significativa rispetto alle altre due metodiche apparse più conservative (p<0.0001; Test di Student).

Per quanto riguarda invece i risultati sul controllo della sintomatologia vertiginosa, i pazienti sono stati classificati seguendo le linee guida dell’AAO, prima esposte.

Tab. 3:(controllo della vertigine)

Come si evince dai dati in tabella si raggiungono risultati di risoluzione della sintomatologia nel caso della labirintectomia e della sezione del nervo vestibolare significativamente migliori rispetto ai dati ottenuti con la chirurgia del sacco e con la gentamicina (p<0.0001; Test di Student) Per una lettura esaustiva dei risultati è importante segnalare anche le complicanze riscontrate con le diverse procedure: esse sono state rispettivamente come segue: con la sezione del nervo vestibolare per via retrolabirintica, si sono verificati 2/18 (11%) casi di liquorrea ed 1/18 caso (5.6%) di cefalea; per via retrosigmoidea abbiamo avuto 8/109 (7.3%) casi di liquorrea e 14/109 (12.8%) casi di cefalea; con la gentamicina intratimpanica si sono verificati 3/32 (9.3%) casi di perforazione timpanica, tutti riparati successivamente con procedura ambulatoriale; nessuna complicanza nei soggetti trattati con la chirurgia del sacco endolinfatico (n..23) e con la labirintectomia (n.10).

Discussione

In base ai dati riportati abbiamo cercato di stabilire un algoritmo di trattamento della vertigine menieriforme invalidante tenendo presente 3 fattori: la mono/bilateralità della patologia, l’età del paziente e la effettiva possibilità di utilizzo della componente uditiva residua dell’orecchio malato.

Patologia monolaterale:

nel soggetto con età > 70 anni, indipendentemente dalle condizioni della componete uditiva omolaterale, è consigliabile comunque praticare l’iniezione di gentamicina intratimpanica;

nel soggetto con età inferiore ai 70 anni, in presenza di un udito ancora socialmente utile vale la pena prospettare la possibilità di salvare la componente acustica effettuando una sezione selettiva del nervo vestibolare (a nostro parere per via retrosigmoidea);

quando invece l’udito non è più utilizzabile e l’età è < 70 anni conviene praticare una più semplice e meno rischiosa labirintectomia.

 Patologia bilaterale:

nel caso si possa evidenziare un lato dominante, il protocollo è lo stesso delle forme monolaterali;

nel caso il lato dominante non possa essere determinato, una terapia con basse dosi di streptomicina. Intramuscolare può essere presa in considerazione.

Conclusioni

In conclusione il nostro atteggiamento nei confronti di un paziente con una sindrome di Ménière monolaterale invalidante potrebbe essere il seguente:

1.Se vale la pena conservare l’udito e le condizioni cliniche del soggetto lo permettono, una VNS rappresenta l’interevento di elezione (intervento con qualche rischio operatorio ma con minima percentuale di danno uditivo);

2.Se l’udito non è più “socialmente utile” è corretta una labirintectomia nei pazienti anziani, mentre in quelli più giovani si può effettuare una VNS ( in entrambi i casi parliamo di 2° intervento terapeutico);

3.L’applicazione intratimpanica di gentamicina rappresenta la metodica d’elezione nei soggetti anziani e in tutti quei soggetti che rifiutano il rischio operatorio o hanno controindicazioni chirurgiche.

 

Bibliografia essenziale

1. Brackmann D.E., Hitselberger W.E.: Retrolabyrinthine surgery: a direct approach: technique and newer indications. Laryngscope 88: 286-297, 1978.

2. De la Cruz A., McElveen J.T.: Hearing preservation in vestibular neurectomy. Laryngoscope, 94:874-877, 1984.

3. Garcia-Ibanez E., Garcia-Ibanez J.L.: Middle fossa vestibular neurectomy: a report of 373 cases. Otolaryngol Head Neck Surg, 88: 486-490, 1980.

4. House W.F.: Surgical exposure of the internal auditory canal and its contents through the middle cranial fossa. Laryngoscope 71: 1363-1385, 1961.

5. Pearson B.W., Brackmann D.E.: Committee on Hearing and Equilibrium guidelines for reporting treatment results in Meniere’s disease. Otolaryngol Head Neck Surg, 93: 579-581, 1985.

6. Primrose W.J., Smyth G.D.L., Kerr A.G., Gordon D.S.: Vestibular nerve section and saccus decompression: an evaluation of long-term results. J Laryngol Otol, 100: 775-784, 1986.

7. Silverstein H., Norrell H., Smouha E. et al: Retrosigmoid-internal auditory canal approach vs retrolabyrinthine approach for vestibular neurectomy. Otolaryngol Head Neck Surg, 97: 300-307, 1987.

8. Vernick D.M.: Infralabyrinthine approach to the internal auditory canal. Otolaryngol Head Neck Surg, 102: 307-313, 1990.

9. Zini C., Mazzoni A., Gandolfi A., Sanna M., Pasanisi E.: Retrolabyrinthine vs middle fossa vestibular neurectomy. Am J Otol, 9: 448-450, 1984.

Dott. M. Amadori

Responsabile UDCI-Audiologia

Ospedale S. Bortolo - Vicenza

Correlato:

 

La Malattia di Méniére

 

Trattamento della sindrome di Méniére

Design by [-_$] - diessen